Terzo estratto

Terzo estratto, sempre dal terzo capitolo, de
"LA QUIETE INDECENTE. Una storia gotica fra Venezia e i Carpazi"

Uscí nel parco, aveva bisogno di meditare all’aria aperta. La giornata era stata intensa: aveva messo alla prova Filystyn Michalczewski, ed aveva ottenuto di poter parlare con madre e figlia separatamente. Non era stato facile, ma grazie alla sua dialettica, accompagnata dalla consapevolezza di non aver nulla da perdere, ce l’aveva fatta, e sapeva che ne sarebbe venuto fuori qualcosa di interessante; poi l’incontro con Aurelia nel pomeriggio...d’ora in poi sapeva che vi era un altro soggetto a cui non poteva sfuggire, oltre alla propria coscienza: la giovane veggente intercettava i suoi pensieri, captava i suoi scritti, ma non certo per una curiositá morbosa che sarebbe parsa obsoleta ad un animo cosí elevato, no...ella aveva inteso perfettamente come Kowal deviasse in tutti i modi dal proprio passato e tentava di riportarlo proprio lí, faccia a faccia con la tragedia che egli non aveva mai elaborato, con la ferita che si era sempre rifiutato di guarire; lui, cosí zelante nel suo lavoro di cura degli altri, rifiutava ostinatamente di curare se stesso.

Un pensiero attraversó la sua mente come un lampo accecante, un interrogativo che gli tolse il fiato: chi era il curante? Chi era il curato? I ruoli non si erano forse rovesciati?

Il grande olmo si agitava al vento e senza accorgersene si sorprese davanti alle tre aiuole che avevano attirato l’attenzione di Aurelia quel giorno. Fissó lo sguardo sul lilium auratum. Chissá il perchè della scelta di un fiore cosí raro e delicato. Posto cosí, isolato, sopra quel tumulo di terra erbosa. Ma certo. Un tumulo di terra. Un unico fiore. Kowal bruscamente capí: lí sotto era sepolto qualcuno. Si giró di scatto, la sensazione improvvisa, forte, di essere osservato: lí in fondo, una delle grandi finestre della facciata...una tenda scostata, repentinamente si richiuse al suo voltarsi. Era una figura femminile.


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