ABISSI

(ARTICOLO PUBBLICATO PRESSO LA RIVISTA SPEECHLESS. Per leggere l'articolo nella sua interezza collegarsi al link della rivista indicato in calce)

ABISSI: DIVAGAZIONI SUL CONCETTO DI TRASGRESSIONE E SULL’ITALICO DESTINO
Mi sono sempre chiesta che cosa provassero quegli scienziati che, su apposite navicelle, vengono calati nel profondo degli abissi a scopi esplorativi: recentemente mi è capitato di vedere un documentario e studiavo con ansia e ardore gli occhi di coloro che, dall’interno di questo cubicolo, si trovavano avvolti dalle acque nere, separati da esse solamente grazie a uno spesso strato di vetro.  Mi chiedevo se anche lo scienziato dal sangue più freddo, quello a cui la mano non trema mai,  in una situazione simile non abbia anch’egli un sano guizzo di terrore, ecco cosa cercavo nei suoi occhi. Forse anche a lui passa per la testa il dubbio che, nonostante le innumerevoli prove di laboratorio, nonostante la fede granitica verso madre scienza, prima o poi quel vetro multitestato si crepi. E che quelle adorabili crature, mostri dotati di denti affilati e corpi fluorescenti, si accaniscano finalmente contro l’umano invasore. Come osi, tu, varcare la soglia e penetrare nel nostro mondo? Quelle terrificanti bestioline che da bambina osservavo con autentico orrore – e una buona dose di eccitazione – nel primo volume dell’enciclopedia illustrata di famiglia, sotto la voce abissi, creature degli.
Mi sono chiesta anche: c’è un momento in cui il suddetto esploratore, una volta superata l’ebbrezza del momento, venga colto dallo spasimo di tornare subito in superficie? Un improvviso, folle anelito a tornare al sicuro: far schizzare la navicella come una scheggia impazzita, fuggire dalle acque nere, via verso la luce.
La saggezza popolare dice che per riprendere a salire bisogna prima aver toccato il fondo. Ma quand’è che il fondo è fondo?
Mi dicono che la nave da crociera si muove, fra un po’ potrebbe sprofondare negli abissi. Quelli veri, fuor di metafora.
E se rimanessimo nella metafora?
Noi siam gente di lettere, abbiamo radici in terra e testa fra le nuvole, raccogliamo vibrazioni e le trasformiamo in pensieri. Le analisi giornalistiche, sociologiche etc etc le lasciamo volentieri ad altri, a chi le sa fare. (...)

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